Il tifo dei gatti è una malattia virale che è molto più facile da prevenire che da trattare. La vaccinazione è quindi essenziale, così come l’applicazione di misure igieniche quotidiane. La principale via di trasmissione del virus del tifo felino è attraverso le feci del gatto infetto.
Cos’è il tifo felino? Come si manifesta nell’animale colpito? Diamo uno sguardo a questi aspetti, così come alle possibilità di diagnosi e trattamento.
Tifo felino: una malattia infettiva altamente contagiosa
Il tifo felino, noto anche come panleucopenia infettiva felina, è una malattia virale infettiva. È altamente contagioso ed è causato da un virus particolarmente resistente. Il virus è classificato come parvovirus ed è simile al virus che causa la parvovirosi nei cani.
Il tifo è una condizione grave che può progredire molto rapidamente nei gatti colpiti. Può anche portare alla morte entro 4-9 giorni se non viene trattata abbastanza rapidamente.
Il parvovirus felino è efficacemente prevenuto dalla vaccinazione ma non è raro nei gattini in alcune regioni (regione di Parigi, Occitania dove c’è stata un’epidemia nel 2017). Si tratta di un’infezione che non va presa alla leggera, quindi il contatto tra gatti il cui stato di vaccinazione è sconosciuto dovrebbe essere evitato.
I gatti più vulnerabili a questa malattia sono quelli non vaccinati (il tasso di mortalità per i gatti che non hanno ricevuto il vaccino è di 9 su 10), i gatti che vivono in una comunità e i gattini.
La trasmissione del virus del tifo dei gatti avviene principalmente attraverso le feci del felino infetto. Quando un altro gatto entra in contatto con queste feci, anche semplicemente annusandole o toccando qualsiasi oggetto che ne contiene tracce, il virus entra nel corpo del gatto per via orale. Attacca poi le cellule in divisione nel midollo osseo e nell’intestino, con un periodo di incubazione di 2-4 giorni.
Sintomi del tifo nei gatti
I primi sintomi visti in un gatto infettato dal tifo sono febbre e depressione, associati a perdita di appetito e di peso.
Si verificano anche vomito e diarrea, spesso non emorragici (a differenza del parvovirus canino), che indeboliscono ulteriormente il corpo dell’animale causando una grave disidratazione. Il gatto deve essere portato dal veterinario al primo segno della malattia, altrimenti la prognosi del gatto è molto scarsa.
Il tifo ha anche gravi conseguenze in gravidanza perché il virus può attraversare la barriera placentare. Infatti, se una gatta incinta è infettata all’inizio della gravidanza, abortirà. Se la madre è infettata a metà o alla fine della gestazione, il virus colpisce il sistema nervoso dei gattini, nei quali si verificano disturbi locomotori irreversibili come l’atassia cerebellare non appena iniziano a camminare. In questo caso, i gattini non sopravviveranno per più di qualche mese.
Tifo dei gatti: diagnosi e trattamento
La diagnosi si basa su esami del sangue e delle feci. Il primo mostrerà un calo dei globuli bianchi. Le feci possono essere prese con un tampone presso l’ambulatorio veterinario. Il veterinario può eseguire un rapido test istantaneo che indicherà se il gatto è infetto o meno, ma c’è un rischio di falsi negativi con questo tipo di test. Il campione di feci può anche essere inviato al laboratorio per una diagnosi più accurata.
Quando l’infezione da tifo del gatto è confermata, lo specialista prescrive una terapia antibiotica combinata con trattamenti (antinfiammatori e antipiretici) per migliorare le condizioni generali dell’animale. L’obiettivo è quello di reidratare l’animale per mezzo di infusioni, mentre si riducono i sintomi digestivi somministrando farmaci antivomito e antidiarroici.
In alcuni gatti che soffrono di tifo, si può considerare un trattamento antivirale a base di interferone omega (tipo Virbagen), ma va notato che questa soluzione è costosa e non offre alcuna garanzia di cura.
La prevenzione attraverso la vaccinazione è ancora efficace e affidabile. Il gattino deve essere vaccinato a 2, 3 e 4 mesi di età, quando nasce con anticorpi materni che spariranno durante la sua crescita. Tra i 2 e i 4 mesi di età, il numero di anticorpi scenderà sotto la soglia di protezione pur essendo sopra la soglia per garantire l’efficacia del vaccino, in altre parole: non avrà abbastanza anticorpi per difendersi da un’infezione ma ne avrà troppi perché il vaccino sia efficace, questo è chiamato il periodo critico. Gli ultimi studi mostrano che questo periodo può essere fino a 4 mesi. Sarà poi necessario fare un richiamo di vaccino a 1 anno di età, poi ogni anno.
Si prega di notare che una gatta incinta non dovrebbe essere vaccinata.
Allo stesso tempo, è necessario disinfettare l’ambiente del gatto per prevenire qualsiasi contaminazione ed evitare il contatto con gatti il cui stato vaccinale è sconosciuto prima che il gattino sia effettivamente vaccinato.